Monologhi della vigna: in fermento

la cantina è in rivoluzione; il mosto sta procedendo: nel silenzio del mondo si sente il bollore della magia della trasformazione: zuccheri che diventano alcool…

non posso perdere tempo nemmeno oggi

anche oggi devo agire, ossigenare, muovere le bucce, affondare il cappello premendo sul follatore

devo annusare, guardare, ascoltare, assaggiare…la fermentazione procede, i profumi inebriano, l’anidride si sparge nell’aria ed io non posso fermarmi…

misura, spilla, muovi, cambia, annota…un giorno dopo l’altro nella corsa che porta dall’uva al mosto, da mosto al vino

ho le mani appiccicose e le dita nere, è lo zucchero che dalla vendemmia ti penetra la pelle, è il colore dell’uva che di prende e ti conquista e che diventa parte di te

ho le dita nere, il segno dell’intimo matrimonio tra me, l’uva, il mosto e il vino: il frutto del matrimonio tra me e la terra

ma ora sono qui, con le dita nere e preparo qualcosa per gli amici che verranno: il lardo, affumicato con il ginepro, sarà ottimo per i nostri vini, affetto il salame che viene dai campi all’orizzonte della vigna e dispongo il formaggio che viene dalla valle

sono le piccole cose che raccolgo dagli amici, pronte a fare conoscere alla piccola fetta di mondo che decide di passare da qui

e sarà bello confrontarsi, condividere, notare le impressioni, valutare le espressioni

è un po’ freddo oggi e non è l’ideale bere il rosso così freddo, ma la stagione è questa, si sentiranno di più i tannini, ma non so se chi verrà a degustare lo capirà, ma non importa, anche questo fa parte della vita

non so nemmeno come ha fatto a trovarmi, chi decide, non sapendo dove andare di prendere una strada che non porta quasi a nulla per venire a trovare me, nel mio paradiso

vedranno le dita nere, ma in questi giorni respireranno il mosto

a volte di inizia con un po’ di freddezza, a volte prevale la timidezza, qualcuno addirittura è un po’ guardingo nel valutare quello che dico, ma finisce sempre con un abbraccio, con la promessa di tornare, tutti consapevoli che le ore passate insieme e attorno ad una bottiglia di vino sono in fondo una fetta di vita che entra nel bagaglio di ciascuno di noi

vedono le dita nere, perché ho messo le mani nel mosto, nelle bucce e nel vino e lo zucchero mi è entrato nella pelle, arrivando nell’anima come il profumo del primo vino

quando verso il vino il silenzio prepara l’attimo della degustazione: in fondo sono venuti qui per questo, per conoscere il mio vino, non per conoscere me

forse ne venderò un po’

è l’atto finale del lungo processo della mia passione ma vorranno sapere di tutto, come è fatto, cosa faccio, come avviene, cosa avviene, i trucchi, i segreti, come evolve, come fosse possibile spiegare davanti a un piatto e a un po’ di vino il miracolo della vita, il miracolo della natura

mi chiederanno cose che non ricorderò: i giorni di fermentazione, l’età della barrique, la temperatura di una certa fase: a volte non ricordo, qualche volta non lo so

qualcuno arriverà all’essenza del miracolo che entra nel bicchiere e solo pochi capiranno, nel loro intimo, che io ho solo fatto il guardiano di un processo antico che non ha bisogno di altro se non del tempo, della pazienza e della passione 

mi chiederanno quale è il vino che preferisco dei miei: quale annata, quale vitigno, ma non ho mai risposta, so solo raccontare la stagione del vino: il vino che viene dall’uva che ha preso più sole, quello che ha preso talmente tanta grandine che ancora arrabbiato, il vino che si è fatto aspettare e il vino che verrà

ci sarà pure un vino migliore dell’altro, quello più buono, quello venuto meglio, si, lo so, ma non riesco veramente a rispondere a una domanda così 

…molti capiscono, molti no, qualcuno mi parlano del difetto che ogni tanto scorgono nel bicchiere di quel particolare sapore, del fatto che qualche mese prima era diverso oppure solo qualche minuto fa…

io so perché è così, so quale scelta in quel momento quel vino ha preso quella strada, forse era la sua strada, forse anche la mia, ed è allora che penso che alla fine ogni vino abbia un senso, per buono e cattivo che sia, e soprattutto penso che il vino, quel vino, non solo sia frutto della vigna della stagione e del lavoro del vignaiolo, ma quando viene bevuto diventi il compimento del ciclo della vita

di tutte quelle persone rimarrà qualcosa del loro passaggio, come a loro rimarrà qualcosa del tempo passato qui

Monologhi della vigna: la stagione

sto raccogliendo grappoli, eppure sono passati pochi mesi da quando la vigna, dopo la potatura, ha cominciato a crescere; è allora che non ho più il tempo di raccogliermi a pensare: cresce, si muove, mi cerca, pende, si raddrizza e io devo correre, su e giù, in lungo e in largo

… nella vigna… 

non si ferma la natura, non ha sabati, non ha domeniche e così io, che salgo scendo e mi sposto in lungo e in largo

devo sottostare a quello che la natura decide per l’annata nella mia stagione: a volte la pioggia abbonda, a volte di acqua la natura è avara e soffriamo la sete, a volte diluvia, e a volte porta gocce che sono ghiaccio

ed io ad impazzire tra previsioni, piogge, erogatori, zolfo, rame finché mi fermo stremato e puzzolente darmi il tempo per bere quel vino che a volte non mi fa respirare, non mi fa dormire, non mi fa sognare

ormai lo conosco il mio vigneto, ogni zona, ogni angolo, ogni pianta, se potessi fare un vino per ogni pianta otterrei infiniti vini diversi, ogni pianta un terreno, una vigoria, una maturazione, dei grappoli diversi, ogni zona la sua caratteristica e ogni vino il suo carattere

che peccato perdere in cantina queste piccole differenze quando unisci il vino per l’imbottigliamento e chissà cosa si perde quando chi ha vigneti enormi deve produrre tantissime bottiglie dello stesso vino

ogni vino è frutto di impulsi naturali, è la voglia di crescere e di riprodursi, il vino è figlio della vigna in cui la vite ha scelto di accoppiarsi, è figlio della stagione che la vite e la vigna hanno condiviso, è figlio anche delle scelte dell’uomo che decide quante gemme, quanta cura, quando raccogliere e come vinificare

il tutto in una bottiglia: da quando inizia, quando potare, come potare, quando tagliare e quanto tagliare, quando raccogliere quanto raccogliere quando travasare come pressare e come vegliare

eh sì 

è così che l’uva diventa vino ed è così che il vino assume i mille sapori, le mille fragranze, della vita, della vigna, della stagione, dell’uomo e della vita

Monologhi della vigna: la grandine

il cielo si incupisce…

arrivano nuvole, basse, sorde…

tutto il grigio del mondo è ciel…

nemmeno il sole fa sapere dove si trova, tanto è spessa la coltre di nubi; nubi pesanti, nubi lorde, nubi sorde che portano pensieri di terrore

il vento si prende il palcoscenico: suoni e movimenti riempiono lo spazi, le piante ondeggiano e sembrano esprimere la loro paura; sordi tuoni arrivano da lontano: arriveranno fino a qui? arriverà la grandine? arriverà il terrore?

mi chiedo chi possa essere colui che ordisce questa trama fitta, cupa e imperscrutabile, drammatica e comica, questa trama che è come la vita, imprevedibile e a volte terribile

chi può mettere in scena il grigio più cupo, tutte le paure, e chi possa in un attimo trasformarlo nel cielo più limpido e terso

a volte le nubi corrono veloci fino ad arrivare a scatenare l’inferno lasciando basito e inerme quel povero uomo che corre nella sua vigna, inseguendo l’annata, inseguendo il suo vino

il cielo si incupisce…

la vigna è pronta e richiude le sue foglie su sé stesse, si fanno più piccole, quasi a nascondersi della guerra che forse tra poco si scatenerà: chi ordisce questa trama non sarà mai sensibile al mio dolore, e forse si divertirà a sentire l’affanno e le speranze di chi è vittima della sua bizzarria

le prime gocce cadono, sono rare e pesanti,

ma non è pioggia lieve, come quella di primavera, quando accarezzando il terreno lo fanno fiorire, ma nemmeno la pioggia continua d’autunno, che ti stanca e ti infreddolisce, ma che non porta sventure se non quando il terreno lordo e pesante non si abbandona al pendio; è la pioggia d’estate, che ogni volta è una nuova volta, ogni volta è terrore e speranza, tra la vita e la fatica

sarà dura 

quando la pioggia aumenta e il grigio diventa cupo e aumenta il vento, insieme aumenta la paura: a volte come d’incanto il vento si ferma e le mie foglie lentamente si riaprono incredule dello scampato pericolo., a volte arriva lei, la grandine e allora il cuore si addolora pensando a quello che sarà domani, la stagione, il vino

Monologhi della vigna: primavera

piove…la nuova linfa freme e ancora la mia voglia di crescere si fa sentire: i tralci incominciano a sentire il peso dei giorni, cercano il cielo, e nella loro crescita verso il cielo il peso lì piega:

aspirano al cielo, ma lì attira la terra

mi aiuterà l’uomo con il suo gesto paziente che, raccogliendo le mie liane, infilandole a una a una, mi raddrizza, mi pettina, mi rende più bella e così i miei viticci ballando nell’aria riescono ad aggrapparsi a qualcosa di solido: i filo, un altro tralcio, un palo finché alla fine ogni ramo si avvicinerà al suo sogno: arrivare al cielo

mi godo la bella pioggia, che ora è vita, ma quello vita non è solo gioia: a volte è goccia, a volte è torrente, è pioggia che mi lascia il tempo di bere ed è pioggia che mi affonda le radici nel fango, o peggio pioggia che scava, che toglie il respiro, che mi toglie la terra, che ti toglie la vita scoprendo anche le mie intime radici

e allora ogni volta ti trovi, dopo la pioggia sperare il sole, l’afa, l’umido fino a temere che questo folle alternarsi di tempi e di modi non porti la nebbia che oscura le foglie e che si prende i miei grappoli

allora supporto e sopporto l’uomo che con pazienza mi aiuta a trovare la piccola resistenza, mi viene in soccorso la terra, la natura, l’acqua, il sole e allora aspetto quella goccia di acqua, quelle gocce di essenza, di ortica, di salice, di zolfo, di rame, di odore, di sudore, di acqua, di sole, e di tutta la speranza mi accompagna verso l’apoteosi della mia stagione, quello che l’uomo che mi cura chiama vendemmia

e allora sole, pioggia, acqua, rame, zolfo, e ancora acqua, sole, rame, zolfo, e poi sole, pioggia e di nuovo acqua rame e zolfo

chissà se io e l’uomo che mi cura, riusciremo anche quest’anno a portare zucchero nel nostro frutto, e amore nel nostro vino

Monologhi della vigna: inverno

gennaio…un inverno come tanti, forse leggermente più caldo rispetto a qualche anno fa, il sole radente e basso, una leggera foschia all’orizzonte, il verde domina il panorama, un verde tenue, invernale appunto; uno uomo con una giacca rossa, due poiane che si inseguono, un rumore ritmico, il taglio della forbice con cui l’uomo sta potando la protagonista del dialogo di oggi: la vigna.

affronto il freddo di quest’inverno nuda, mi hanno abbandonato le mie foglie, ma mi rimane l’essenziale, il legno, le radici, ed i miei tesori: le gemme

l’uomo che mi cura mi sta spogliando privandomi di ogni pudore: ora sono tornata snella e libera a orpelli, libera da rami, vinaccioli e rametti, pronta per affondare i rami nel cielo

mi riparo dal freddo, dal gelo, godendo degli sprazzi di sole che spesso arrivano, anche ora, a gennaio, e scaldano il mio cuore, mentre aspetto la primavera

l’inverno è acqua, è neve, è pioggia è sole, ma è riposo, concentrazione, ricarica

nell’infinito incedere del tempo, mi ritrovo a fremere per tornare alla vita: aspetto che le giornate inizino ad allungarsi quando qualcosa finalmente succederà: le gemme mi chiameranno, hanno voglia di crescere, si prenderanno la linfa, come ogni anno, come ogni primavera…per spiccare il volo

e allora mi allungo: prima una, piccola e tenue fogliolina si libera dal suo guscio vellutato: la gemma che l’accudiva, e dopo la prima sanno due, tre foglie, e poi quattro, cinque, e poi ancora le altre e finalmente la primavera e la vita ritorneranno a farmi scoprire il cielo

L’economia globale e il lock down

E poi, purtroppo, arriva, di nuovo, il lock down…

il fine settimana scorso ci siamo di nuovo reimmersi nel nostro angolo di paradiso. Per tutto il sabato e la domenica abbiamo ripulito il vigneto di bronner e parte del confine del bosco di parte degli alberi infestanti che tentavano ancora di estendere la foresta rigogliosissima che circonda a spese del nostro vigneto. Eravamo pronti ad due giornate di lavoro e obiettivamente non ci aspettavamo di dovere fare fronte ad un insolito passaggio di persone che, nei limiti imposti dal DPCM cercavano di godersi le belle giornate e il privilegio di “attività motoria in prossimità della propria abitazione”. Il criterio di prossimità è obiettivamente soggettivo, sta di fatto che prossimi a noi, benché la prima casa con residenti sia a 900 metri dalla cantina, abbiamo scoperto che ci sono tantissime persone che sono “prossime” a noi.

Tanti hanno percorso la strada che costeggia il vigneto, tanti ci hanno chiesto cosa facessimo lì, cosa producevamo, tanti hanno scoperto che a pochi passi (in prossimità appunto) della loro abitazione esisteva un posto con un paesaggio bellissimo e con una produzione vinicola che ambisce alla qualità. Ed è stato bella questa curiosità e questa condivisione.

Vero è che il lockdown è quanto di più lontano poteva capitare a questo nostro mondo che fino a pochi secondi prima dell’arrivo del Covid (e in verità per certi versi anche adesso) era tutto strategicamente rivolto alla globalizzazione; si, perché il rendere tutto brand, ed esasperante in concetto a livello globale aveva in un certo modo messo da parte i nazionalismi o meglio ancora i localismi o i campanilismi per concetti globali di status symbol. In un epoca in cui il vestire “italiano” è fatto da capi confezionati in Vietnam uguali in tutti i negozi del mondo nulla è più controproducente di un lock down che spinge di fatto le persone a rivolgere la loro naturale propensione alla curiosità verso quello che è più sanale e scontato: quello che ci sta intorno.

Quindi ben venga la riscoperta di quel mondo sconosciuto che è a due passi da casa, ben venga la riscoperta del paesaggio, del pane e salame, del vino del contadino, ben venga quella economia ci vede, peraltro in maniera steineriana, membri di uno stesso organismo che vive, collabora e che ci fa sentire parte del tutto. Ben venga questa nuova “non globalità”

Annata 2018

L’annata 2018 si è caratterizzata da frequenti piogge, umidità relative molto alte e caldo. La vendemmia come negli ultimi anni è a inizio ottobre, leggermente anticipata rispetto alla tradizione.

In campo abbiamo avuto un giugno e luglio difficile: piogge frequenti hanno lasciato spazio a finestre operative per i trattamenti molto strette. Per un lungo periodo il terreno umido ci ha fatto operare manualmente, tra una pioggia e l’altra, mettendoci a dura prova, con in aggiunta l’attività pesante per il controllo delle erbe infestanti quest’anno particolarmente rigogliose. Fortunatamente non abbiamo avuto grandine, ma abbiamo insetti che hanno “bucato” foglie e acini che ci porteranno a riflettere su come procedere per l’anno prossimo.

Uve comunque sane e abbondanti, buon inizio per la nuova stagione in cantina.

50 sfumature di rosso

Claude Monet ha fatto dei quadri bellissimi. “Bassin aux nympheas et sentier au bord de l’eau” (in foto qui sopra), è del 1900; dategli un occhiata: bellissimi anche i suoi numerosi quadri con i campi di papaveri, altre bellissime raffigurazioni. Ho amato anche quelli di Vincent Van Gogh. Cercate i suoi campi fioriti dipinti, con il loro disordine, lo specchio di un’animo inquieto. Il “giardino fiorito con sentiero”, capolavoro di Van Gogh è dir poco straordinario.Per me quei quadri sono dei capolavori, e lo sono anche per tanti critici d’arte, appassionati o neofiti.

Per assurdo riusciamo a leggere la bellezza della natura in quei quadri meglio che osservandoli dal vivo; come se l’artista con il suo dipinto fosse capace di darci un pizzicotto, una sveglia: “ehi guarda cosa ti perdi, guarda cosa vedo io, vai esci, guarda”. E’ vero però che sono artisti che hanno vissuto più di un secolo fa e forse oggi l’immensità di colori, la varietà delle specie e la bellezza dei prati non è così diffusa, e anche la nostra sensibilità e voglia di cercare quello che rimane non ci fa ricercare quadri “viventi” altrettanto belli.

E come perdiamo il gusto per la bellezza del paesaggio e rischiamo di riconoscerla solo grazie alla sensibilità degli artisti, così rischiamo di perdere la capacità di riconoscere ciò che è buono, naturale, e sano in quello che mangiamo, in quello che viene coltivato e portiamo sulle nostre tavole.
E’ la stessa cosa che succede con il vino.

Non voglio ora fare un trattato sul vino, ma voglio fare un esempio molto banale sulla catena di eventi che porta, una volta iniziata ad usare la chimica in un vigneto, a diventare “dipendenti” della chimica stessa. Banalizzo enormemente.

Il vino viene dall’uva, l’uva è un frutto, un frutto ha bisogno di concime, il concime più economico e disponibile sono concimi con azoto (mi perdoni l’agronomo per la definizione da uomo da strada), che fondamentalmente sono sali (difficile concimare un vigneto con stallatico), i sali accumulano acqua, i peggiori nemici della vite sono i funghi (peronospera, ioidio), per cui a occorrono i funghicidi, alcuni funghicidi “sigillano” l’acino, lo difendono quasi impermeabilizzandolo da tutti i funghi; il vino nasce dalla fermentazione dello zucchero contenuto nel succo d’uva fatta da parte degli lieviti, ma se ho usato funghicidi gli lieviti sono morti, per cui nel vino per avviare la fermentazione dovrò usare lieviti appositi.
Risultato? Questa la lista dei prodotti e processi ammessi per una vinificazione convenzionale: Acido citrico / Acido L(+)tartarico / Acido L-ascorbico / Acido L-malico D,L malico / Acido lattico / Acido metatartarico / Acidificazione tramite elettrodialisi a membrana bipolare * / Albumina d’uovo / Anidride solforosa (SO2) / Autoarricchimento tramite evaporazione * / Autoarricchimento per osmosi inversa * / Batteri lattici / Bentonite / Bicarbonato di potassio /Bisolfito di potassio / Bisolfito di ammonio / Carbonato di calcio / Carboximetilcellulosa (CMC) / Gomma di cellulosa (CMC) / Caseinato di potassio / Caseina / Carbone enologico / Chitina-Glucano / Chitosani / Citrato di rame / Colla di pesce / Cloridrato di tiamina / Biossido di silicio (Gel di Silice) / Scorze di lieviti / Elettrodialisi * / Enzimi beta glucanasi / Fermentazione alcolica spontanea * / Pastorizzazione rapida * / Gelatine / Gomma arabica / Fosfato diammonico / Cremor di tartaro / Lieviti secchi attivi (LSA) / Lisozima / Mannoproteine dei lieviti / Proteine di origine vegetale ottenute dal frumento o dai piselli / Metabisolfito di potassio / Microfiltrazione tangenziale * / Chips di legno di quercia / Mosto concentrato / Mosto concentrato rettificato / Polivinilpolipirrolidone (PVPP) / Enzimi per l’attivazione della pectinasi / Resine scambiatrici di cationi * / Solfato di rame / Solfato di ammonio / Tannini enologici / Tartrato neutro di potassio
Quando questo è quanto è ammesso in un vino che può essere definito “naturale”: Anidride solforosa (SO2) / Fermentazione alcolica spontanea *
E i vini bio? Acido citrico / Acido L(+)tartarico / Acido L-ascorbico / Acido lattico / Acido metatartarico / Albumina d’uovo / Autoarricchimento tramite evaporazione * / Autoarricchimento per osmosi inversa * / Batteri lattici / Bentonite / Bisolfito di potassio / Metabisolfito di potassio / Bicarbonato di potassio / Carbonato di calcio / Caseinato di potassio / Caseina / Carbone enologico / Citrato di rame / Colla di pesce / Cloridrato di tiamina / Biossido di silicio (Gel di Silice) / Scorze di lieviti / Fermentazione alcolica spontanea * / Gelatine / Gomma arabica / Fosfato diammonico / Cremor di tartaro / Lieviti secchi attivi (LSA) / Proteine di origine vegetale ottenute dal frumento o dai piselli / Microfiltrazione tangenziale * / Chips di legno di quercia / Mosto concentrato / Mosto concentrato rettificato / Enzimi per l’attivazione della pectinasi / Solfato di rame / Tannini enologici / Tartrato neutro di potassio / Anidride solforosa (SO2)
Mentre per i vini biodinamici (secondo un organismo che certifica in tal senso): Albumina d’uovo / Anidride solforosa (SO2) / Fermentazione alcolica spontanea * / Bentonite / Carbone enologico / Microfiltrazione tangenziale*
Non voglio spaventare nessuno, voglio trasmettere consapevolezza.
Allo stesso modo in cui un campi di grano oggi non sarebbe mai dipinto da Van Gogh voglio ricordare che un vino oggi può essere frutto di manipolazioni autorizzate che ne allontanano il processo produttivo da quanto è il processo naturale di fermentazione. Perché questo? Per assicurare il produttore di una certezza produttiva, un costo inferiore, o anche, se volete una costanza gustativa.

Non giudico, ripeto, trasmetto consapevolezza.

Faccio un ultimo esempio: se ho trattato, messo fungicidi per essere sicuro di massimizzare la produzione dovrò comprare gli lieviti. Se devo aggiungere un lievito per fare il vino esistono i cataloghi e dei fornitori, citando a caso: “Lievito selezionato per la produzione di vini bianchi con spiccate note di aromi fermentativi. Si distingue per la grande produzione di feniletanolo e di esteri fermentativi (acetato di isoamile, acetati di 2-metil propile, di 3-metilbutile e di 2-metilbutile) con le tipiche note di banana, ananas e frutta dolce.”
Va da sé che in un vino fatto con questi lieviti non troverò mai la peculiarità del terreno e del vigneto che lo ha prodotto, e il sentore di banana, ananas e frutta dolce (immagino il sommelier che ne esalta i contenuti) non è certo dato dal quell’uva o da quel vigneto.
Per oggi mi fermo qui con questa affermazione: raccolte le uve in un grande contenitore e schiacciate sotto il proprio peso, le uve inizieranno a fermentare; estraiamone il succo alcolico e avremo un vino crudo.

È qualcosa che gli uomini hanno fatto molto prima di saper leggere o scrivere.
Fino a che punto dobbiamo cercare di controllare questo processo? E in quali condizioni si produce il vino migliore? Ad una estremità c’è il tipo di vino convenzionale quindi produzione di massa/manipolazioni chimiche e fisiche per un risultato sicuro, prevedibile e ripetibile. Dall’altra estremità della scala c’è il vino naturale.
E in mezzo? Tutte le sfumature di rosso (o di bianco).

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Vincent Van Gogh, Giardino fiorito con sentiero.