Monologhi della vigna: la vendemmia

le cassette pesano, ognuna più delle altre, la prima, la seconda, la terza; la salita, il trasporto, lo scarico, l’uomo che mi curato sorveglia, raccoglie, assaggia…

il vigneto è un vociare di sorrisi e grida, la gente è allegra e felice, si incontra, si parla, si riconosce, si conosce e con costanza e con ordine raccoglie il frutto, pianta per pianta, grappolo per grappolo, sale e scende…

è durante la vendemmia che si celebra il mio matrimonio tra l’uomo che mi ha curato: e il frutto è quello che nasce grazie alla mano dell’uomo che trasforma la mia una, che diventa bevanda, diventa nettare, diventa fonte di gioia e di piacere;

è la vendemmia l’ultimo sforzo della stagione che permette di trasformare l’energia del contadino in energia nel bicchiere, perché è vero: tanta energia l’uomo ci mette, tanta energia la natura ritorna, nel ciclo infinito della vita

è vero, la stagione è stata lunga, ho perso il conto del numero di ore che il mio uomo ha passato nel vigneto, dei polloni che mi ha tagliato, dell’erba che ha estirpato, delle spine che mi hanno avvolto e che ha governato, dei germogli e delle foglie che ha curato; ho perso il conto delle volte che l’ho sentito salire e scendere attraverso i miei filari maledicendo il caldo e il sole e chi li ha messi, questi filari, in una collina così aspra e ripida

e lui è riuscito pettinando la natura ribelle, scacchiando e scegliendo germogli e foglie, riordinando i grappoli, a governate la natura ribelle che porta tutto al disordine naturale delle cose

non ho contato ogni passo che ha fatto ogni giorno i chilometri di filari, le migliaia di piante, le centinaia di migliaia di tralci che ogni pianta produce, ma ho perso il conto e aspettavo che finisse il suo lavoro, per avere respiro, per risentire il vento tra le foglie

ma adesso è qui, con i suoi amici, la sua gente, a prendere il frutto della mia stagione…lascio il mio frutto nelle mani di chi mi ha dedicato tutto il suo tempo per produrre il nettare che ama tanto

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